Incontro con componenti e rappresentanti delle diverse realtà impegnate a sostegno della lotta di liberazione del popolo palestinese
28.10.2013 Riunione preparatoria al Seminario comune Palestina del 16.11.2013 ore 18:30 presso: Sede di Un Ponte Per Piazza Vittorio Emanuele II, 132 Roma ATTENZIONE: SEMINARIO 16.11.2013 RIMANDATO A DATA DA DESTINARSI 16.11.2013 Seminario comune Palestina: Incontro con componenti e rappresentanti delle diverse realtà impegnate a sostegno della lotta di liberazione del popolo palestinese per un confronto.
Proposta per il Seminario comune: La proposta nasce dall'esigenza di approfondire temi e ed aspetti politici per avere uno scambio anche rispetto agli obiettivi intermedi, fermo restando che gli obiettivi ultimi che ci accomunano sono quelli della fine dell’occupazione e della colonizzazione della Palestina, l’autodeterminazione del Popolo Palestinese, il rispetto e la parità dei diritti per tutte le popolazioni che vi abitano, e il diritto al ritorno per tutti rifugiati. Dovrebbe essere davvero una iniziativa di tutt* nella quale tutte le idee, analisi e convincimenti abbiano eguale diritto di cittadinanza, senza che la diversità di opinioni generino contrapposizioni.
Ciò per cercare di arrivare uniti sugli obiettivi alle manifestazioni del 30 novembre 2013 contro il vertice Italia Israele del 2 dicembre 2013. --------------------- Appello per la mobilitazione contro il vertice bilaterale Italia Israele del 2 dicembre 2013
UNA COLLABORAZIONE INFAME alla quale ci ribelliamo
Il 2 dicembre prossimo si terrà a Torino il quarto incontro annuale bilaterale tra Italia ed Israele. . Detto a chiare lettere, a Torino si perfezioneranno accordi riguardanti in primo luogo le forniture di armi italiane, di cui Israele è il maggiore acquirente (consegne nel 2012 per 2.979.152.817 euro), e protocolli di collaborazione nel campo delle tecnologie a partire da quelle della “sicurezze elettronica” di cui si è già discusso nel seminario Cyber War Fare tenutosi a Roma alla Facoltà di Fisica della Sapienza il 19 giugno scorso, oltre che intese per scambi di prodotti, compresi quelli realizzati negli insediamenti israeliani in Palestina e pertanto illegali. Con questo vertice si rafforzeranno dunque i legami dell’Italia con le università, l’apparato industriale ed il complesso militare israeliani, legami con i quali il nostro paese si fa complice della politica coloniale e di pulizia etnica che Israele conduce ai danni del Popolo Palestinese. E’ in applicazione di tali accordi infatti che l’Italia collabora allo sviluppo delle tecnologie e fornisce le armi con cui Israele stringe d’assedio Gaza, tiene sotto occupazione la Cisgiordania, nega ai pescatori di Gaza di pescare nel loro mare, esegue gli “assassinii mirati” degli esponenti della resistenza palestinese non ristretti nelle carceri, viene privato il Popolo Palestinese dei suoi diritti, primo fra tutti quello all’istruzione, e della sua libertà. Ci opponiamo fortemente a qualsiasi forma di collaborazione con uno stato, quale è Israele, la cui politica è stata dichiarata illegale da risoluzioni dell’Onu e dell’Unione Europea e che tribunali internazionali hanno apertamente condannato. Per questo parteciperemo alla manifestazione che si terrà a Torino il 30 novembre prossimo e svilupperemo nel frattempo una campagna di sensibilizzazione e di informazione per documentare l’opinione pubblica sulla natura e sugli obiettivi della politica dello stato israeliano e sulla necessità di isolarlo nel consesso internazionale, come mezzo non violento per costringerlo al rispetto del diritto internazionale, della carta dei diritti umani e della libertà del Popolo Palestinese. Invitiamo quanti solidarizzano con la lotta di liberazione del Popolo Palestinese e quanti hanno a cuore che l’Italia non si macchi di complicità con politiche di oppressione a unirsi in uno sforzo unitario per contestare il vertice di Torino e richiamare il governo italiano al rispetto dell’articolo 25 della Carta delle Nazioni Unite che obbliga gli Stati membri a "mettere in pratica le decisioni del Consiglio di sicurezza" Non vogliamo essere complici di Israele!
La Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese
IDENTIKIT DELLO STATO Di ISRAELE
87 Risoluzioni dell’Onu a partire dalla 242 del 1967 dichiarano illegale la occupazione dei Territori Palestinesi ed intimano ad Israele di ritirarsi da essi; La Risoluzione 476/80 condanna l’annessione di Gerusalemme, avvenuta nel luglio 1980 4 Risoluzioni dell’Onu (446, 452, 465, 471 e 476) dichiarano illegali le 140 colonie israeliane, nelle quali vivono abusivamente 650.000 coloni, costruite da Israele nei Territori Palestinesi Occupati; Il IV Comma dell’articolo 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale dichiara “crimini di guerra” le modalità con le quali Israele costruisce le colonie ; La Dichiarazione del 9 settembre 2009 della Unione Europea afferma che “Gli insediamenti sono illegali secondo il diritto internazionale e costituiscono un ostacolo alla pace”; La Sentenza del 9 luglio 2004 della Corte Europea di Giustizia e la Risoluzione del 2 agosto 2004 dell’Assemblea Generale dell’ONU hanno condannato la costruzione del muro in Cisgiordania che non segue i Territori Palestinesi Occupati nel ’87, ma li attraversa; La Risoluzione del Parlamento Europeo del 5 luglio 2012: - ribadisce che tutti gli insediamenti sono illegali in base al diritto internazionale e invita il governo israeliano a sospendere completamente la loro costruzione ed estensione in Cisgiordania e a Gerusalemme Est nonché a smantellare tutti gli avamposti costruiti dal marzo 2001; - condanna con fermezza tutti gli atti di estremismo, violenza e molestia commessi dai coloni contro la popolazione civile palestinese e invita il governo e le autorità israeliani ad assicurare i colpevoli alla giustizia e a renderli responsabili delle loro azioni; - chiede una piena ed effettiva attuazione della vigente legislazione dell’Unione e degli accordi bilaterali UE-Israele per garantire che il meccanismo di controllo dell’UE, ossia gli «accordi tecnici», non consenta ai prodotti degli insediamenti israeliani di essere importati nel mercato europeo alle condizioni preferenziali previste dall’accordo di associazione UE-Israele; - 10.invita il governo e le autorità israeliani a rispettare i loro obblighi previsti dal diritto internazionale umanitario, in particolare: a garantire l’immediata cessazione delle demolizioni di edifici, degli sfratti e dei trasferimenti forzati dei palestinesi; Il Rapporto della Commissione di Inchiesta istituita dal Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, guidata dal giudice francese Christine Chanet, reso pubblico a Ginevra il 31 gennaio 2013 afferma: <"Le colonie sono istituite e sviluppate per il beneficio esclusivo degli israeliani ebrei e vengono mantenute attraverso un sistema di segregazione totale tra i coloni israeliani e la popolazione che abita nei territori occupati …. un numero elevato di diritti umani dei palestinesi vengono violati a causa dell'esistenza delle colonie " Il Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU ha di conseguenza lanciato un appello con il quale intima
Risoluzioni, Sentenze ed Appelli sono stati e vengono tuttora totalmente ignorati e disattesi dal governo israeliano che continua ad operare in aperta e sistematica violazione del Diritto Internazionale. Pertanto ISRAELE È UNO STATO CHE VIVE NELLA ILLEGALITA’ --------------------------------- ARTICOLO SULL'ACCORDO MILITARE ITALIA-ISRAELE :
Anno 2012 ::. Adista Segni nuovi n. 43
Patto militare Italia-Israele Un accordo scellerato e illegale
di Antonio Mazzeo
ll Medio Oriente è in fiamme. La Siria è in ginocchio, migliaia di profughi fuggono in Libano, in Turchia, in Giordania. Tel Aviv mobilita le forze terrestri, aeree, navali. Minaccia d’intervenire in Golan e di lanciare i suoi missili e i suoi caccia contro decine di “obiettivi strategici” in Iran. Intanto cannoneggia la striscia di Gaza e schiera carri armati e blindati alla frontiera con il Libano. Scenari di guerra che non sembrano intimorire più di tanto le forze politiche e il governo italiano che trova pure il tempo d’inviare a Gerusalemme una delegazione d’eccezione, il premier con sei ministri, per il terzo summit intergovernativo in meno di due anni. Per rafforzare la partnership politica e militare e moltiplicare affari e scambi commerciali. Il faccia a faccia tra i ministri della guerra – il ministro della Difesa Giampaolo Di Paola e il suo omologo israeliano Ehud Barak – è stato preceduto da una serie d’incontri tra i massimi rappresentanti delle rispettive Forze armate. Il 7 e l’8 febbraio 2012, il sottocapo di Stato maggiore israeliano, generale Nimrod Sheffer, ha incontrato a Roma i responsabili dell’Aeronautica italiana per «approfondire i processi di trasformazione in atto nelle due aeronautiche, le esperienze maturate nei rispettivi teatri di operazione e le future attività addestrative». Il successivo 14 giugno è stato il comandante delle forze aeree israeliane, generale Ido Nehushtan, a giungere in Italia in missione ufficiale. Meeting e visite di cortesia si sono sommate a tre importanti esercitazioni aeronavali bilaterali. Le prime due si sono svolte a fine 2011 in Sardegna e nel deserto del Negev. Durante i war games sono stati simulati combattimenti aerei tra cacciabombardieri F-15 ed F-16 israeliani ed Eurofighter e Tornado italiani ed eseguiti veri e propri lanci di missili aria-terra e di bombe a caduta libera. Dal 3 all’8 novembre 2012, nelle acque prospicienti la città di Haifa, si è tenuta invece la prima edizione dell’esercitazione Rising Star a cui hanno partecipato i palombari artificieri del Gruppo operativo subacquei del Comsubin (Comando Subacquei ed Incursori) di La Spezia e i Divers (specialisti sommozzatori) della Marina israeliana. L’accordo che disciplina la partnership militare tra Italia e Israele risale a 7 anni fa ed è stato ratificato dal Parlamento italiano il 17 maggio 2005. Nella parte pubblica del testo (esisterebbe infatti un memorandum segreto mai sottoposto alla discussione e al voto dei parlamentari) si legge che la cooperazione fra i due Paesi riguarderà in particolare «l’industria della difesa, l’importazione, l’esportazione e il transito di materiali militari, le operazioni umanitarie, l’organizzazione delle Forze armate e la gestione, la formazione e l’addestramento del personale, i servizi medici militari». Le attività si svilupperanno grazie «alle riunioni dei ministri della Difesa, dei comandanti in capo e di altri ufficiali autorizzati, lo scambio di esperienze fra gli esperti delle due parti, l’organizzazione e l’attuazione delle attività di addestramento e delle esercitazioni, le visite di navi, aeromobili militari e impianti, lo scambio di informazioni, pubblicazioni e hardware, la ricerca, lo sviluppo e la produzione di sistemi d’armamento». «Italia e Israele si adopereranno al massimo per contribuire, ove richiesto, a negoziare licenze, royalties ed informazioni tecniche, scambiate con le rispettive industrie». E ancora: «Le Parti faciliteranno inoltre la concessione delle licenze di esportazione necessarie per la presentazione delle offerte o proposte richieste per dare esecuzione al presente memorandum». Senza troppi giri di parole, l’import e l’export di sistemi d’arma devono essere l’essenza delle consolidate relazioni tra Roma e Tel Aviv, in palese violazione della legge italiana che disciplina il commercio di tecnologie belliche e che vieta le vendite a Paesi belligeranti o i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali dei diritti umani. Israele riassume in sé tutte le caratteristiche per essere posta al bando dal complesso militare industriale italiano: le sue Forze armate sono sistematicamente impegnate su più fronti di guerra e dal 1967 occupano buona parte della Cisgiordania. Inoltre il regime di apartheid instaurato contro la popolazione palestinese e gli stessi cittadini israeliani di origine araba è stigmatizzato dalle principali organizzazioni non governative internazionali. Non ultimo, Tel Aviv non ha mai firmato il Protocollo di non proliferazione nucleare e da tempo immemorabile, anche grazie alla collaborazione tecnico-scientifica di Usa ed Unione europea, a Dimona, nel deserto del Negev, si costruiscono armi nucleari (Israele sarebbe già in possesso di più di 200 testate). Nonostante la riesplosione della crisi mediorientale, proprio il 2012 ha rappresentato l’anno chiave nei trasferimenti di sistemi d’arma tra i due Paesi. Il 19 luglio il Ministero della Difesa italiano e l’omologo israeliano hanno ratificato la fornitura alle Forze armate israeliane di 30 velivoli da addestramento avanzato M-346 Master prodotti da Alenia Aermacchi. La commessa ha un valore di poco inferiore al miliardo di dollari, ma prevede vantaggiose contropartite per le industrie israeliane. Elbit Systems, azienda specializzata nella produzione di tecnologie avanzate, svilupperà il nuovo software che verrà caricato sugli addestratori. Il Virtual Mission Training System (Vmts) «ingannerà i sensori degli M-346 simulando le funzioni di un moderno radar di scoperta attiva capace di gestire numerose funzioni tattiche, nonché scelte d’armamento complesse», riporta la World Aeronautical Press Agency. «Utilizzando il software una volta in volo, il pilota in addestramento potrà esercitarsi in scenari avanzati, quali la guerra elettronica, la caccia alle installazioni radar e l’uso di sistemi d’arma all’avanguardia». Alle future guerre le forze aeree israeliane si addestreranno cioè con il made in Italy. In cambio dei caccia, Tel Aviv ha anche imposto che l’aeronautica militare italiana si doti di due velivoli di pronto allarme Gulfstream 550 con relativi centri di comando, controllo e sistemi elettronici, prodotti da Israel Aerospace Industries (Iai) ed Elta Systems (costo complessivo, 800 milioni di dollari circa). Selex Elsag, una controllata di Finmeccanica, s’incaricherà per conto delle aziende israeliane di fornire ai velivoli i sottosistemi di comunicazione e link tattici. Le Forze armate italiane dovranno pure acquistare un sistema satellitare elettro-ottico, anch’esso di produzione Iai ed Elbit Systems (245 milioni di dollari). Prime contractor degli israeliani sarà Telespazio, azienda controllata in parte da Finmeccanica, che assicurerà entro il 2015 la costruzione del segmento terrestre, il lancio e la messa in orbita del nuovo sistema satellitare. Quest’anno, l’Aeronautica italiana ha pure deciso d’installare sugli elicotteri EH101 e sugli aerei da trasporto C27J Spartan e C130 Hercules un nuovo sistema di contromisure a raggi infrarossi, denominato Dircm - Directional infrared countermeasures, co-prodotto da Elettronica Spa di Roma ed Elbit Systems: 25 milioni e mezzo di euro la spesa, con consegne che saranno fatte entro la fine del 2013. Gli elicotteri d’attacco AW-129 Mangusta di AugustaWestland, in dotazione all’esercito italiano, dal prossimo anno saranno armati invece con i missili aria-terra a corto raggio Spike prodotti da un’altra importante azienda militare israeliana, Rafael. I missili, con una gittata tra gli 8 e i 25 km, potranno essere equipaggiati con tre differenti tipologie di testata bellica a seconda dell’uso: anticarro, antifanteria e per la distruzione di bunker. Roma e Tel Aviv puntano infine a sviluppare congiuntamente nuovi velivoli a pilotaggio remoto Uav (i famigerati droni) e a cooperare nella produzione e nella gestione logistica del nuovo cacciabombardiere F-35. Mentre i programmi di riarmo italo-israeliani sono condivisi e sostenuti da tutte le forze politiche presenti in Parlamento, si sta rafforzando tra alcune forze sociali e no war la convinzione che la solidarietà al popolo palestinese non può essere disgiunta dalla mobilitazione per ottenere l’embargo militare nei confronti di Israele. Singoli cittadini, associazioni e comitati di base hanno dato vita alla Campagna Bds per «il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni nei confronti di Israele», fino a che esso «non porrà termine all’occupazione e alla colonizzazione di tutte le terre arabe e smantellerà il Muro; riconoscerà i diritti fondamentali dei cittadini arabo-palestinesi di Israele alla piena uguaglianza; rispetterà i diritti dei profughi palestinesi al ritorno nelle loro case come stabilito dall’Onu». E lo scorso 13 ottobre, di fronte allo stabilimento Alenia Aermacchi di Venegono-Varese, si è tenuta la manifestazione nazionale “Nessun M346 a Israele” per chiedere la revoca della vendita dei caccia addestratori alle Forze armate israeliane, a cui hanno partecipato, tra gli altri, Pax Christi e la Commissione Giustizia e Pace dei missionari comboniani. «Quella di Varese è stata una manifestazione anche contro lo scellerato accordo del 2005 di cooperazione militare, economica e scientifica tra il nostro Paese ed Israele», ha spiegato Elio Pagani per il Comitato promotore. «Un accordo che non è stato scalfito neppure dall’Operazione Piombo fuso»: «Un’azione militare brutale, senza giustificazioni, nella quale Israele ha commesso crimini di guerra e contro l’umanità».
--- Peace-researcher e giornalista, ha realizzato numerose inchieste sui processi di riarmo e militarizzazione. Nel 2010 ha conseguito il Primo premio “Giorgio Bassani” di Italia Nostra per il giornalismo. Per consultare articoli e pubblicazioni: http://antoniomazzeoblog.blogspot.it/
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