il 15 gennaio per la Palestina al CS Intifada con i Comitati Popolari della Jordan Valley R-Esistere, Acqua Vita Terra Dignità per il popolo palestinese presso c.s.a. Intifada, dalle ore 19 in via casal bruciato 15 il 15 gennaio 2011, dalle ore 19,00 si terrà una serata interamente dedicata alla Valle del Giordano, in Palestina. per il finanziamento di un tubo di collegamento di oltre 2 Km che porta l’acqua nella terra dei contadini della Valle. i soldi raccolti verranno interamente consegnati al Comitato Popolare della Valle del Giordano, ore 20.30 dibattito pubblico con Fathy Khdeirat, rappresentante del Comitato Popolare della Valle del Giordano, il Jordan Valley Solidarity (www.jordanvalleysolidarity.org ), che illustrerà la difficile situazione di vita e lotta degli abitanti della Valle e il tentativo del Coordinamento dei Comitati Popolari di Resistenza, di restituire l’acqua bene comune, le terre, le scuole e le case distrutte e/o sottratte con la violenza dai soldati e dai coloni israeliani, alle centinaia di agricoltori, beduini e abitanti della zona. ore 21, cena araba. ore 22 si esibirà un gruppo di Dabka palestinese, danza popolare della cultura araba. ore 23, gruppo di percussioni arabe apprezzato nell’ambiente musicale internazionale. ore 1.00 in poi musica palestinese e internazionale con Dj Basel dalla Palestina. mostre fotografiche e video Il Collettivo R-esistere intende, con questa e altre iniziative future, appoggiare concretamente e politicamente la resistenza palestinese, finanziando anche piccoli progetti non troppo costosi come: tubature per irrigazione, bacini per le acque piovane, pannelli solari per l’energia elettrica. Dopo Roma, Fathy incontrerà la collettività anche in altre città italiane. e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. ; facebook: R-Esistere Valle del Giordano-Palestina --------------------------------------- presentazione serata Serata interamente dedicata alla Valle del Giordano, in Palestina. Per l’occasione sarà presente * Fathy Khdeirat, rappresentante del Comitato Popolare della Valle del Giordano, il Jordan Valley Solidarity. L’intento della serata, organizzata dal collettivo R-Esistere Valle del Giordano-Palestina, è far conoscere e portare sostegno alla realtà di lotta quotidiana per la r-esistenza che vivono gli abitanti della Valle. Un territori...o dove i civili palestinesi sono derubati quotidianamente della terra, dell’acqua e della stessa vita da parte di coloni e soldati israeliani, in totale violazione degli accordi internazionali. ---------------------------------------------------------------------------------------- PROGRAMMA: * Ore 19 PROIEZIONE di un video sulla Valle del Giordano e la presentazione di una mostra fotografica organizzata dal collettivo R-esistere Valle del Giordano- Palestina. * Ore 20.30 DIBATTITO pubblico con Fathy Khdeirat, che illustrerà la difficile situazione di vita e lotta degli abitanti della Valle e il tentativo dei Comitati Popolari di Resistenza, come il Jordan Valley Solidarity, uniti in un coordinamento, di restituire l’acqua bene comune, le terre, le scuole e le case distrutte e/o sottratte con la violenza dai soldati e dai coloni israeliani, alle centinaia di agricoltori, beduini e abitanti della zona. * Ore 21 CENA ARABA. (*per chi vuole) * Ore 22 DABKA palestinese, danza popolare molto comune in Palestina e nei territori arabi confinanti. * Ore 23 PERCUSSIONI ARABE gruppo molto noto e apprezzato nell’ambiente musicale internazionale. * Ore 1.00 Dj Set Oriental Express dalla Palestina. --------------------------------------------------------------------- La serata è il frutto di una serie di tre cene/dibattito che si sono svolto a novembre, dicembre e gennaio presso lo spazio sociale Nido di Vespe, a via degli arvali 13 a Roma, durante le quali la cittadinanza è stata chiamata a ragionare e discutere sulla situazione di r-esistenza della popolazione palestinese. Dall’ampia partecipazione alle 3 serate preparatorie sono stati raccolti oltre 1000 euro in sostegno alle attività di lotta del Jordan Valley Solidarity. L’ingresso alla serata del 15 gennaio è a sottoscrizione, i soldi raccolti verranno interamente consegnati a Fathy per il finanziamento di un tubo di collegamento di oltre 2 Km che porta l’acqua nella terra di un contadino della Valle. Portare acqua ed energia elettrica, mettere un tubo o fare un bacino, sono esempi di r-esistenza concreta che permettono a questi uomini e donne, portatori di una giustizia profonda e di un senso della libertà senza compromessi, di restare laddove sono nati, respingendo la deportazione che Israele gli impone con le privazioni e le violenze. Il Collettivo R-esistere intende, con questa e altre iniziative future, appoggiare concretamente e politicamente la resistenza palestinese, finanziando anche piccoli progetti non troppo costosi come: tubature per irrigazione, bacini per le acque piovane, pannelli solari per l’energia elettrica. Dopo Roma, Fathy incontrerà la collettività anche in altre città italiane, tra cui Napoli, Padova, Milano. Per maggiori informazioni sul progetto e per contatti e/o interviste con Fathy: e-mail E-Mail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.; F.book: R-Esistere Valle del Giordano-Palestina Sito Web: www.jordanvalleysolidarity.org www.popularstruggle.org --------------------------------------- Situazione della Valle del Giordano, Jericho (Gerico) e Tubas Si estende dal lago di Tiberiade, a nord, giù fino al Mar Morto, lungo la riva est del fiume Giordano. Le principali citta’sono Jericho (Gerico) e Tubas con i territori circostanti, 120 chilometri di affilata valle rocciosa, con qualche macchia di vegetazione qua e là. Per il clima ottimale, la ricchezza del sottosuolo e l'abbondanza di risorse idriche, questa valle era nota come “il granaio della Palestina” prima della guerra del 1967 contro Israele. Rappresenta circa il 30% della Cisgiordania. Annessa de facto da Israele, come denuncia l'associazione israeliana B'Tselem, la Valle del Giordano viene considerata da Israele il confine naturale tra stato ebraico e Giordania. Era terra di Palestina (Cisgiordania) prima della guerra del 1967 e della sua occupazione, ora il 95% del territorio è sotto il diretto controllo israeliano. Stando alle cifre dell'Ocha (l'Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari), il 44% del territorio è riserva naturale o “Military Firing Zone”, zona adibita esclusivamente all'addestramento militare, il 50% è occupato dalle colonie, circa 7.500 coloni che vivono in 26 insediamenti, quasi sempre aree in continuità con basi militari. Questi insediamenti controllano circa il 90% della terra, alla quale ai palestinesi è vietato l'accesso. Alle comunità palestinesi che abitano i 17 villaggi della zona, in maggioranza beduini seminomadi, non rimane che il 6%. Oggi, in tutta la parte occidentale della Valle del Giordano vivono all’incirca 56.000 palestinesi, mentre erano piu’ di 300.000 prima del 1967. Ricade in Area C (territorio a controllo e amministrazione israeliana) in base agli accordi di Oslo del 1993 (uno pseudo accordo di “pace”, ormai cancellato, indispensabile alla costruzione della facciata israeliana di “democrazia”) e in particolare in questa zona negli ultimi anni è in corso un'emergenza umanitaria causata dalla scarsità d'acqua, come denunciano alcune organizzazioni internazionali. Ai palestinesi, a cui e’ impedito dagli occupanti anche l'utilizzo delle sorgenti, presenti in abbondanza nella zona, come del resto non permessa è anche la raccolta delle acque piovane, gli israeliani hanno distrutto 162 pozzi e sorvegliano le pozze sorgive affinche’ gli abitanti non le utilizzino, rendendoli dipendenti dai rifornimenti esterni. Secondo un report dell'aprile 2009 della Banca Mondiale, l'accesso alle risorse idriche in certe zone dell'Area C “è comparabile ai campi profughi del Congo o del Sudan”. Attenendosi alle raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità il consumo d'acqua medio giornaliero pro capite, per garantire utilizzo personale e standard di igiene, si aggira attorno ai 100 litri. Alcune comunità della Valle del Giordano, e di altre zone critiche dell'Area C, raggiungono una disponibilità di 10 litri a persona al giorno, La Mekorot, compagnia idrica israeliana, controlla il 98% delle acque (il 52% in tutta al West Bank), mentre La Carmel Agrexco è tra i principali esportatori di prodotti provenienti dalle colonie della Valle del Giordano (http://www.tmcrew.org/eco/acqua/acquapalestina.htm) Le colonie israeliane sono illegali secondo il Diritto Internazionale e sono state ripetutamente condannate nelle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell’ONU n° 46, 452, 465, 471 e 476. Le banche israeliane non solo forniscono il supporto finanziario alla costruzione delle colonie ma anche alla sostenibilità e al mantenimento dell’intero sistema che vi ruota attorno (leggi: “ISRAELE: CHI FINANZIA L’OCCUPAZIONE ?” http://www.nena-news.com/?p=4551; http://www.whoprofits.org/). I prodotti delle colonie sono, pertanto, il risultato di una violazione del diritto internazionale e di un abuso delle risorse naturali di un popolo sotto occupazione, anche questo un crimine secondo la IV convenzione di Ginevra, e la più recente risoluzione della Corte Europea. I piccoli agglomerati sparsi, fattorie e allevamenti di bestiame, sono oggetto d’incursioni e demolizioni da parte dell’esercito israeliano, distruzioni a cui non sfuggono neanche le altre aree, come e’ accaduto il 19 luglio nei villaggi di Al Farisiya (Tubas), dove sono state demolite 79 strutture (di cui 26 abitazioni) perche’ costruite in zone dichiarate militarmente chiuse da Israele; e di Fasayil al Fouq, sulla cui scuola pendeva un ordine di demolizione (zona B). Rendere la vita impossibile e’ infatti la via per attuare un’espulsione o un “trasferimento” in modo “pulito”. Le autorita’ israeliane hanno il pieno controllo sui servizi e le infrastrutture: strade, scuole, acqua, elettricita’. “L'anima delle attività dei Comitati Popolari della Valle del Giordano è il non rispetto della legge israeliana. Se la rispettassimo saremmo costretti ad andarcene da qui o morire”. Fathy è spigoloso quanto determinato. “Questa zona è la più dimenticata della Palestina. E' dal '67 che Israele cerca di isolarci dal resto della Cisgiordania e di costringerci ad andarcene. Il governo fantoccio dell'Autorità Nazionale Palestinese, il Ministro dell'Agricoltura, la comunità internazionale, le ong...dicono tutti di volerci aiutare. Ma rispettando le leggi israeliane non fanno nulla di davvero utile alla gente. Per esempio: perché distribuire cisterne d'acqua spendendo migliaia di dollari, quando questa terra è ricca di sorgenti e fonti d'acqua naturali?”. (http://www.jordanvalleysolidarity.org/) Ilan Pappe, direttore del Centro Europeo degli Studi Palestinesi, professore alla Università di Exeter (Regno Unito) e autore del libro “La pulizia etnica della Palestina”, primo accademico israeliano a sostenere il boicottaggio accademico di Israele, nato in una famiglia sionista sul Monte Carmel a Haifa, chiede che si usi un nuovo dizionario, una nuova terminologia riguardante Israele (un punto sul quale ha insistito molto) e che la gente cominci a pensare a Israele non più in termini di una democrazia di pace ma come a uno stato colonialista, razzista, che porta avanti un apartheid etnico. R-Esistere, Acqua Vita Terra Dignità per il popolo palestinese Abbiamo fatto un viaggio di conoscenza in Palestina ed abbiamo visto gli effetti della globalizzazione/colonizzazione su un popolo che non ne vuole sapere di sottomettersi, di diventare schiavo o cittadino senza diritti in uno Stato avamposto dell’espansionismo delle multinazionali nell’area del Medio Oriente. Abbiamo visto le città arabe palestinesi sbranate, ridotte a brandelli di vita in un corpo martirizzato dall’occupazione coloniale e persino dallo snaturamento dell'identità culturale e artistica, dove ogni identità araba viene cancellata e con artificio menzognero si afferma la sola identità dei colonizzatori israeliani. Abbiamo visto il campo di concentramento di Hebron, dove si tortura quotidianamente chi resiste all’invasione, abbiamo visto brandelli di quello che una volta si considerava Stato di Palestina ridotto a recinti più o meno grandi, dove vivono ammassati migliaia di uomini e donne e bambini che forse stanno perdendo la speranza, complice l’isolamento e l'indifferenza internazionali, ma non il coraggio di resistere per continuare ad esistere nella loro bellissima terra che una volta era il faro di civiltà di tutto il Medio Oriente con il suo laicismo e la sua emancipazione. Abbiamo incontrato rappresentanti ufficiali e non, e tutti ci hanno detto e chiesto la stessa cosa: imponete ai vostri governi che affrontino il danno provocato da una ingiusta ingerenza straniera su terra palestinese e sul diritto dei palestinesi all'autodeterminazione, rifiutando ogni ipocrisia di "aiuti umanitari", che spesso servono solo a dare lavoro a finti cooperatori, amici ed ong più attente alle accondiscendenze con il governo israeliano ed americano che a vere scelte coraggiose di resistenza ad una occupazione coloniale. Arrivati in Valle del Giordano, apprese le difficoltà di resistenze in un’area che vede la totale assenza di istituzioni internazionali, quasi una terra di nessuno dove le forze armate israeliane e le loro famiglie colone fanno il bello ed il cattivo tempo, abbiamo visto la tenacia di molti palestinesi ed internazionali nel tentativo di restituire l’acqua bene comune alle centinaia di agricoltori palestinesi, sequestrata con ordinanze militari. Abbiamo visto le espulsioni e la privazione delle fonti d’acqua, le demolizioni delle case, con una pratica che riporta alla memoria le imprese medioevali quando si faceva “terra bruciata del nemico”. Portare l’acqua, mettere un tubo, fare un bacino, portare energia elettrica, abbiamo visto, permetterebbe a questi uomini e donne, portatori di una giustizia profonda ed un senso della libertà senza compromessi o svendite, di restare laddove sono nati respingendo la deportazione che Israele gli impone attualmente con le privazioni e le violenze. Può rappresentare, in quest’area dimenticata dal diritto internazionale, appoggiare la resistenza laddove i muri non hanno ancora isolato e uomini e donne che resistono per esistere, sono progetti spesso non troppo costosi: tubature per irrigazione, bacini per le acque piovane, pannelli solari per l’energia elettrica…………………….. nota a.: |