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09- Presidio per la Palestina davanti all'Ambasciata USA

Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese

Sabato 9 dicembre 2017
ore 11:00-13:00
Via Veneto, Roma

Presidio per la Palestina
davanti all'Ambasciata USA (Roma) in Via Veneto

Per protestare nei confronti della decisione del presidente degli Stati Uniti di considerare arbitrariamente ed in violazione del diritto internazionale Gerusalemme capitale dello stato di Israele si terrà un presidio innanzi all'Ambasciata USA in via Bissolati, angolo via Veneto, sul marciapiede opposto all'Ambasciata.


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APPROFONDIMENTI SUL TEMA DI GERUSALEMME:
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COMUNICATO STAMPA DELL’AMBASCIATA DI PALESTINA

Stato di Palestina
Ambasciata di Palestina
Roma - Italia

دولــة فلســطين
ســفـارة فلســــــطين
رومـا – إيطاليا

Gerusalemme non è la capitale di Israele

Nel corso della conversazione telefonica tenuta oggi pomeriggio con il Presidente Trump che lo aveva chiamato, il Presidente della Palestina, Abu Mazen, ha ammonito il Presidente degli Stati Uniti sulle conseguenze che il paventato spostamento dell’ambasciata statunitense da Tel Aviv a Gerusalemme potrebbe avere. Abu Mazen ha avvisato Donald Trump che una simile decisione comprometterebbe il processo di pace, mettendo a rischio la stabilità e la sicurezza non solo della regione ma del mondo intero. Per questo, il Presidente della Palestina è in contatto con i leader di tutto il mondo al fine di scongiurare, insieme, un’azione così sconsiderata. Considerando l’importanza politica, economica, culturale, sociale e religiosa per il nostro popolo della città metropolitana di Gerusalemme Est, che si estende da Ramallah a Betlemme ed è stata occupata insieme al resto della Cisgiordania e a Gaza nel 1967, appare evidente che senza Gerusalemme Est non possa esserci uno Stato di Palestina, e che senza uno Stato di Palestina non possa esserci la pace. Le attuali politiche israeliane nei confronti di Gerusalemme non fanno che confermare la volontà del governo di Benjamin Netanyahu di allontanare la soluzione dei due Stati, l’unica in grado di porre termine al conflitto garantendo la pace nella regione. La posizione della Palestina resta quella di ritenere che non vi possa essere uno Stato palestinese senza Gerusalemme Est capitale, come previsto dalle risoluzioni delle Nazioni Unite e dall’Iniziativa di Pace Araba. I diversi tentativi di annessione unilaterale di Gerusalemme Est da parte di Israele sono stati puntualmente condannati dall’Onu, a cominciare dalle risoluzioni del 1967. In particolare, la risoluzione 476 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite adottata il 30 giugno del 1980, alla vigilia del voto del Parlamento israeliano in favore della “Legge su Gerusalemme”, stabiliva che “qualsiasi misura legislativa o amministrativa, e qualsiasi azione di Israele, la potenza occupante, volta ad alterare il carattere e lo status della Città Santa di Gerusalemme, è priva validità legale e costituisce una flagrante violazione della Quarta Convenzione di Ginevra”. Dello stesso tenore numerose risoluzioni successive, dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che deplorano esplicitamente l’eventuale trasferimento delle missioni diplomatiche a Gerusalemme. Ricordiamo solo la recente Risoluzione del Consiglio di Sicurezza 2334 del 2016, che ha riaffermato l’illegalità degli insediamenti israeliani a Gerusalemme Est. La decisione del Presidente degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele asseconderebbe quindi un’annessione illegale e rischierebbe di portare all’anarchia internazionale, come ha ammonito l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Ma è l’intera comunità internazionale ad essere in allarme di fronte all’eventualità di questa mossa statunitense: accanto alla preoccupazione dell’Autorità Palestinese, della Lega Araba e dei Paesi islamici, vi è quella di Papa Francesco; mentre l’Unione Europea, per voce dell’Alto Rappresentante dell'Unione per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza Federica Mogherini, ha sottolineato come una simile decisione “debba essere assolutamente evitata”. Tra le prese di distanza di molti altri Paesi, segnaliamo quella dell’Italia.

L’Ambasciata di Palestina in Italia
00153 Roma – Viale Guido Baccelli 10 – Tel 06 7008791 / 06 7005041 – Fax 06 5747924 / 06 7005115
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ARTICOLO DI LUISA MORGANTINI

Il diritto internazionale non esiste più!
Di Luisa Morgantini
il Manifesto 07.12.2017

Noi indignati e impotenti, la comunità internazionale colpevole di complicità e sostegno ai governanti d’Israele che dovrebbero essere portati
davanti al Tribunale Internazionale per i crimini commessi contro la popolazione palestinese

Donald Trump lo aveva promesso durante la sua campagna elettorale: «Trasferirò immediatamente l’ambasciata Usa a Gerusalemme, l’eterna capitale del popolo ebraico».

Lo aveva espresso con grande passione ma come dicono i gruppi di ebrei progressisti americani molto «irresponsabilmente». Poi da presidente ha dovuto mettere qualche freno, ma il cammino è cominciato e se non vi sarà una reazione e pressione forte dalla comunità internazionale terminerà non solo con l’ambasciata Usa a Tel Aviv ma con altri paesi che seguiranno l’esempio, ministri del governo Netanyahu, come Naftali Bennet, lo stanno già chiedendo. Mentre scrivo Trump ha appena rivelato il suo piano, e già in precedenza la sua portavoce Katrin Pierson aveva dichiarato alla Fox che «questo è un grande giorno per il popolo degli Stati uniti, il presidente riconoscerà quello che è già di fatto la realtà, Gerusalemme è la capitale d’Israele».
Dire che la legalità internazionale non conta nulla per Trump è troppo ovvio, non esiste legalità internazionale, esiste quello che Trump a seconda degli umori decide. E lo sanno bene i governanti israeliani che della violazione del diritto internazionale hanno fatto il loro credo con la colonizzazione e l’insediamento della propria popolazione sulle terre palestinesi, ma anche con le torture, le detenzioni amministrative, le demolizioni delle case, il furto dell’acqua, l’assedio di Gaza, e con un’occupazione militare brutale e persecutoria che dura da cinquant’anni, un tallone di ferro sul capo di ogni bambino, giovane, donna, uomo palestinese.
E la soluzione Gerusalemme capitale condivisa per due popoli e due Stati verrà definitivamente sepolta, e Israele porterà a compimento il piano di colonizzazione dell’intera Cisgiordania, lasciando bantustan palestinesi e non certamente cittadini con pari diritti. L’Unione Europea, con la dichiarazione di Federica Mogherini, si dichiara assolutamente contraria al trasferimento dell’ambasciata, fa eco anche il nostro ministro Alfano che però ha avallato la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme a maggio 2018, in onore ai 70 anni dalla fondazione dello Stato d’Israele, che per i palestinesi ha significato la «Nakba», la catastrofe, con i 700mila profughi e i più di 500 villaggi palestinesi distrutti.

Anche la premier inglese Teresa May ha dichiarato di voler parlare con Trump perché non proceda nella sua decisione, il ministro degli esteri britannico ha dichiarato alla Bbc che non trasferiranno la loro ambasciata. Le reazioni nel mondo arabo e musulmano si sono fatte sentire, a parole; anche l’Arabia saudita, ormai consacrata all’alleanza Usa-Israele, ha preso posizione, anche se il piano di soluzione (si dice in accordo con gli Usa) presentato al presidente Mahmoud Abbas, sembra ricalchi le orme del piano di Camp David al tempo di Ehud Barak e Clinton e cioè che la capitale della Palestina sarebbe stata ad Abu Dis, villaggio alla periferia di Gerusalemme, dove peraltro il muro di annessione coloniale costruito da Israele a partire dal 2002 e condannato dalla Corte Internazionale dell’Aja, ha tagliato a metà, una parte nella Cisgiordania, l’altra divenuta periferia di Gerusalemme.

Ma non sarà solo vittoria per Israele, dovrà prendere delle decisioni, perché mentre afferma l’indivisibilità di Gerusalemme, la città è divisa, Gerusalemme est è sotto occupazione militare e malgrado l’impedimento a costruire case, la deportazione lenta dei palestinesi e la crescita di colonie, i palestinesi sono ancora circa 300mila, il 40% della popolazione: gli verranno riconosciuti i diritti al pari degli israeliani? La scelta di Trump scatenerà rivolte?

Forse non subito, la popolazione palestinese è stanca e costretta a pensare ogni giorno alla sopravvivenza. In questi giorni poi i dipendenti pubblici non hanno ricevuto il salario e sono sopraffatti dai bisogni, la leadership palestinese debole e sotto continuo ricatto.
Ieri è stato il primo giorno della rabbia in Palestina, non c’è stato molto, ma tutti aspettano la dichiarazione di Trump. Mentre Israele bombarda la Siria.
Noi indignati e impotenti, la comunità internazionale colpevole di complicità e sostegno ai governanti d’Israele che dovrebbero essere portati davanti al Tribunale Internazionale i crimini commessi contro la popolazione palestinese.
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